Il counseling via email è una professione in crescita: delle tante ottime qualità (il tempo ben sfruttato, la maggior semplicità di rapporto, la bontà delle risposte) abbiamo già parlato. Ma che dire delle controindicazioni del counseling a distanza?
Justin Irwin, responsabile della comunicazione in un’organizzazione inglese di counseling via email, dice che il loro lavoro funziona a patto di non considerarlo come un vero e proprio counseling, ma piuttosto come un “supporto emozionale, che non indica direzioni e non si permette di dare giudizi di valore”. Spiega che la sua associazione è nata perché i chiamanti via email che esprimono intenzioni suicide sono doppi rispetto a quelli che chiamano per telefono.
Questo potrebbe essere dovuto al fatto che più della metà dei chiamanti via email sono al di sotto dei 25 anni, cioè nelle classi di età più a rischio per i tentativi di suicidio. Irwin pensa però che ciò sia anche dovuto alla natura del mezzo utilizzato: l’email elimina la conversazione faccia a faccia e anche quella a voce, cosicché ai giovani o agli inibiti in genere può sembrare più facile manifestare istinti suicidi.
L’opinione di grandi esperti internazionali, come ad esempio Shlomit Schuster, una celebre counselor israeliana, non sempre è concorde: Shlomit trova che il counseling a distanza sia tristemente povero in fatto di forza comunicativa. La counselor afferma che il rapporto funziona solo se cliente e counselor possono almeno sentirsi e vedersi. Uno skype-counseling, insomma!
Altri counselor ritengono che lavorando con il counseling via email diventi difficile per il counselor cogliere caratteristiche importanti del cliente, come le espressioni facciali, il linguaggio del corpo, il tono della voce, le pause o le esitazioni. A causa di tutto ciò, egli continua, diviene davvero complicato “lavorare con la totalità della persona”.
Molti counselor che hanno lavorato via email sono d’accordo sul fatto di preferire l’esplorazione degli occhi dei loro clienti rispetto a quella dei pixel del monitor dei propri computer. Lamentano anche la difficoltà su internet di adoperare un po’ di humor nel corso delle sessioni terapeutiche. Non è possibile essere allegri, gioviali e, ancora peggio, si corre il rischio di essere fraintesi. Una battuta fraintesa, interpretata magari come della peggior specie, in fatto di durezza e insensibilità, può facilmente portare ad una interruzione del rapporto di counseling a distanza.
La cosa però viene completamente smentita da altri counselor, che al contrario ritengono sia molto più facile liberare, proprio attraverso la scrittura, il proprio stile simpatico, spiritoso, leggero, che il faccia a faccia a volte non permette.
Ma forse la soluzione è più semplice di quel che sembra: il counseling via email è certamente utile perché è capace di rompere la barriera principale che, di norma, spinge le persone a non fidarsi. E così, dopo aver rotto il ghiaccio per iscritto, diventa molto più facile incontrarsi anche faccia a faccia e portare avanti un rapporto utile e soddisfacente per entrambi.
m.r.
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