Aprire una impresa artigiana ora potrebbe essere rischioso ma è un tentativo che vale la pena di fare. Non è un argomento di moda in questo periodo ma la strage delle imprese artigiane è una realtà. Tutti i media passano il tempo a preoccuparsi di quanto accade nelle aziende di grandi dimensioni, mentre ben poco si dice delle medie aziende e meno ancora delle piccole. Eppure è qua che l’Italia ha sempre fatto i grandi numeri.
Addirittura si applaude ai risultati delle (poche) grandi aziende che funzionano, senza rendersi conto che spesso si ingrandiscono e crescono all’estero, dove sfruttano il lavoro dei paesi emergenti.
Intanto le nostre imprese chiudono. È l’allarme lanciato dalla Confederazione Nazionale Artigiani (Cna), una delle più forti associazioni di categoria nazionali. Secondo i dati riportati dall’agenzia di stampa Ansa, a fine anno potrebbero chiudere altre 140 mila imprese artigiane, il 10% del totale. In questo modo andrebbero persi altri 300 mila posti di lavoro.
Nel 2012 infatti, anno del quale ormai sono stati raccolti e ordinati tutti i dati, la crisi ha colpito soprattutto le imprese artigiane: rispetto al 2011 infatti ha chiuso l’8,4% delle imprese artigiane contro il 6% registrato negli altri settori. L’artigianato rappresenta il 25% del sistema produttivo italiano – spiega il centro studi del Cna – ma ha accusato il 30,4% delle cessazioni registrate complessivamente lo scorso anno. 122.899 chiusure su un totale di 403.923. A fine 2012 ha chiuso ben l’8,4% delle imprese artigiane contro una media del sistema produttivo del 6,6%.
E veniamo alle notizie buone, perché a una cattiva notizia ne segue sempre una positiva: le chiusure delle imprese artigiane non sono state infatti compensate dalle nascita di nuove imprese. Dov’è la buona notizia, vi chiederete? Che una situazione del tutto diversa ha riguardato e riguarda le imprese non artigiane: per loro, a fine 2012, si registra una sostanziale tenuta rispetto all’anno precedente (tasso di crescita pari a +0,1%).
Che cosa significa dunque? Che in questi anni chiudere è normale e fisiologico: ma che a una chiusura dovrebbe seguire quasi sempre una nuova apertura, provare a inventarsi un’attività magari in un settore leggermente diverso, con nuovi punti di partenza e nuovi obiettivi, potrebbe rivelarsi una mossa vincente. Insomma una nuova sfida. Magari con un leggero cambio di rotta per portare la propria professionalità laddove c’è più richiesta.
I settori più a rischio per le imprese artigiane sono oggi le imprese edili in primis (per le quali la crisi dura ormai ininterrottamente dal 2008). Crisi anche nei comparti del manifatturiero, dove risultano poi particolarmente colpite le imprese del tessile e abbigliamento e crisi anche nel comparto dei mezzi di trasporto (che comprende ad esempio la nautica).
Ma proprio per questo bisogna trovare una soluzione buttandosi tra le pieghe di quel che non funziona: per esempio studiando la possibilità di lavorare in settori anti-crisi. Se non si vendono più barche ad esempio, significa che gli amanti del mare dovranno tenere le vecchie barche. E allora perché non aprire un’impresa artigiana che si dedichi al restauro o che aiuti le persone a mantenere bello e giovane quel che non possono cambiare?
Se l’edilizia è in crisi profonda, perché non inventarsi un’attività che dia alle persone la possibilità di migliorare le vecchie case in cui vivono, aiutandole a risparmiare e ritrovare la vecchia bellezza? Questi sono sicuramente lavori che funzionano sempre!
Ecco allora i corsi artigianali che vanno tenuti d’occhio: tutti quelli che insegnano una professione anche semplice e storica, purché la si immagini in situazioni che vadano oltre la crisi. Anzi, che trovino nutrimento proprio dalla crisi. In tutti questi casi il lavoro non manca e le possibilità possono essere molto superiori alle aspettative.
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